nati due volte

giuseppe pontiggia

Martina De Leo- Sab. 14/04/2020

“Che cosa è normale? Niente. Chi è normale? Nessuno. Quando si è feriti dalla diversità la prima reazione non è di accettarla, ma di negarla. E lo si fa cominciando a negare la normalità. La normalità non esiste. Il lessico che la riguarda diventa a un tratto reticente, ammiccante, negante, sarcastico. Si usano nel linguaggio orale i segni di quello scritto: << I normali tra virgolette>>. Oppure :<< I così detti normali>>.

Nati due volte è un romanzo di Giuseppe Pontiggia scritto nel 2000, vincitore del premio Campiello e trasposto su pellicola attraverso il film “Le chiavi di casa”. Questo romanzo apre una finestra all’interno di una famiglia che conosce e affronta la disabilità. Il professore Frigerio e la moglie Franca vivono la classica vita di una famiglia borghese, ma con la nascita del secondogenito Paolo, affetto da tetraparesi spastica distonica, sconvolge in modo definitivo le loro abitudini. Il protagonista della storia è proprio Frigerio che attraverso una narrazione in prima persona, caratterizzata da salti temporali, rievoca e descrive le tappe della complessa quotidianità della famiglia. Vienne descritta la disabilità e le diverse sfaccettature e di come tutti i membri della famiglia sono coinvolti e rispondo in modo diverso.

La vita di Paolo viene raccontata attraverso i pensieri e le azioni del padre che lo guida dalla nascita all’adolescenza attraverso i problemi della vita. Leggiamo le dinamiche tortuose della loro esistenza: l’incompetenza del ginecologo che fa nascere Paolo, il direttore scolastico che non vuole accogliere l’iscrizione a scuola del bambino, la difficoltà delle persone che incontrano di usare un lessico appropriato.

Questo romanzo nasce dall’esperienza personale dell’autore, papà di Andrea, nato nel 1969 e seguito in modo amorevole da tutta la famiglia. Tutto questo dà la possibilità a Pontiggia di scrivere con disarmante sincerità, ma con tono a volte amaro e ironico la storia di chi deve nascere due volte per ritrovare sé stesso.

Perché i bambini disabili “nascono due volte: la prima li vede impreparati al mondo, la seconda è affidata all’amore e all’intelligenza degli altri”.

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