La Comunicazione

Martina De Leo – 08/04/2020

ABILITA’ COMUNICATIVE NEL BAMBINO

Comunicare significa saper usare sia il linguaggio verbale sia non verbale, in modo da riuscire efficacemente a comprendere e trasmettere messaggi. La capacità di comunicare è un percorso che prende avvio in forma gestuale e pre-gestuale sin dai primi mesi di vita quando il linguaggio è ancora assente o comincia appena a manifestarsi.

È proprio di questo aspetto ci occupiamo oggi, l’acquisizione del linguaggio, una parte fondamentale dello sviluppo del bambino.

Quando l’acquisizione del linguaggio procede nella norma, il bambino riesce a comunicare efficacemente ancor prima di acquisire il linguaggio verbale. Il bambino è in grado di porre domande attraverso l’utilizzo di tutte le sue risorse non verbali avendo acquisito, nel primo anno di vita, una serie di competenze nella gestione e nella regolazione emotiva, avendo maturato la capacità di attirare l’attenzione dell’adulto e dirigerla.

Lo sviluppo dell’udito e della vista, l’acquisizione della comprensione simbolica, delle abilità cognitive e sociali, contribuiscono all’apprendimento del linguaggio.

Come prima cosa per comunicare il neonato utilizza il pianto, la madre dovrebbe essere in grado di recepire la valenza comunicativa di tale manifestazione per poter soddisfare i bisogni del piccolo. Inizialmente, la decodifica del pianto, è una manifestazione molto complessa da decifrare, dovendo la madre di volta in volta comprendere se il neonato ha fame, sonno o si è bagnato. Il bambino fino a poco tempo prima era immerso nella sonorità del liquido amniotico, adesso deve fare i conti con rumori diversi provenienti da persone diverse che provengono dall’ambiente esterno. Ormai è appurato che la sua attenzione, nei primi mesi di vita, è rivolta al volto della madre, mentre intorno al quinto mese viene rivolta agli oggetti, soltanto al nono mese il bambino è in grado di direzionare l’attenzione materna sull’oggetto. Lo sguardo e il gesto di indicare con il dito sono modalità di comunicazione dell’adulto che il neonato fa proprie e gli consentono di apprendere il legame tra oggetto e concetto.

Proprio l’assenza di attenzione condivisa è uno dei primi campanelli di allarme che si associano alla sindrome dello spettro autistico.

Bisogna attendere almeno tre anni di vita affinché il bambino padroneggi codici comunicativi sufficienti per poter farsi capire.

Un sistema di comunicazione, per essere definito << linguaggio >>, deve possedere delle caratteristiche di base: semanticità, dislocazione, produttività.

Pertanto deve esserci la possibilità di riprodurre simbolicamente tutto quello che fa riferimento a oggetti, emozioni e azioni (semanticità), deve essere possibile tenere in considerazione alcuni parametri temporali, cioè passato, presente e futuro (dislocazione). Per tali motivi un linguaggio può essere definito tale solo quando è produttivo e quindi consente la creazione di una serie infinita di messaggi, emessi attraverso la formazione di frasi.

SVILUPPO DELLE ABILITA’ COMUNICATIVE

  • PRIME SETTIMANE: pianto e vocalizzi, suoni di natura vegetativa, come ruttini o sbadigli.
  • 2-6 MESI: comparsa delle vocalizzazioni non di pianto, che si inseriscono nelle cd. Proto conversazioni, cioè turni comunicativi tra adulto e bambino.
  • 5-6 MESI: suoni consonantici.
  • 6-7 MESI: sequenze consonante-vocale, ripetute più volte (cd. Lallazione canonica). Gli studi hanno dimostrato che << l’inizio ritardato della lallazione canonica è un indice predittivo di aprassia, disartria, disordini fonologici, e, in generale, disordini del linguaggio>>[1].
  • 9-13 MESI: a dieci mesi compare la cd lallazione variata, fatta da combinazioni di vocali e consonanti (pa…pa) complesse simili a proto parole. Appaiono i primi vocalizzi intenzionali. Il bambino comprende il linguaggio dell’adulto se legato a particolari situazioni e comprende parole semplici come <<questo non si fa>> o <<batti le manine>>. In questa fase la capacità di comprensione è di circa 60 parole. Compare anche la capacità di afre dei gesti come indicare, mostrare e dare, che spesso sono accompagnati da vocalizzi.
  • VERSO I 13 MESI: compaiono i gesti referenziali, che esprimono una precisa intenzione comunicativa e il loro significato non cambia nel momento in cui si cambia contesto, come ad esempio aprire e chiudere la mano per salutare. In questa fase compaiono i giochi di scambio fra adulto e bambino e si acquisisce consapevolezza dei nomi dei familiari.
  • 16 MESI: aumento esponenziale del vocabolario e riduzione dei gesti referenziali. Il bambino distingue due sistemi di comunicazione.
  • 17-24 MESI: esplosione del vocabolario. Il bambino apprende cinque o più parole per settimana. Mentre nel periodo precedente ne ha acquisite circa 50, adesso arriva ad acquisirne molte di più, fino a 600 alla fine del periodo. Il bambino comprende che ogni cosa ha un nome e che vi è un nome corrispettivo per ogni cosa.
  • 24 MESI: aumenta in modo esponenziale la comprensione. Il bambino è in grado di comprendere più di 400 parole; inoltre è capace di decontestualizzare il linguaggio dal dato percettivo. Egli comprende di che cosa si parla anche se non è presente nel suo campo percettivo in quel momento.
  • 24 MESI – 36 MESI: maturazione del piano morfologico, lessicale e sintattico.

[1] L. CAMAIONI, P. DI BLASIO, Psicologia dello sviluppo, Il Mulino 2002, p. 135.

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